venerdì 14 giugno 2013

LA INDESIT AVVIATA VERSO LA VENDITA E FABRIANO VERSO IL CALO DRASTICO DI DENSITA’ DELLA POPOLAZIONE - di Alessandro Moscè


E’ passata una settimana dall’annuncio shock. Una settimana di passione, di costernazione, di disperazione. Una settimana di scioperi, di dichiarazioni incrociate tra sindacati e istituzioni locali e nazionali. Indesit, multinazionale produttrice di elettrodomestici, ha annunciato 1.425 esuberi di cui 480 a Fabriano. Mancava questo piano di riassetto: adesso non c’è più speranza per la città, è la voce comune. Il polo industriale della meccanica, fino a qualche anno fa tra i più ricchi d’Italia, è precipitato.  Al sindaco Giancarlo Sagramola hanno assicurato che la governante di Indesit farà il possibile per trovare un accordo con il sindacato, in modo da non lasciare a casa operai e impiegati, così come si cercherà di salvaguardare la riqualificazione della storica fabbrica di Albacina, con tutto ciò che ne consegue in termini di investimenti e tutela dell’occupazione. Ma la delocalizzazione è già avviata e sarà inarrestabile. Dopo il terremoto dell’Antonio Merloni, caduta sotto i colpi della crisi del contoterzismo, la bomba Indesit è scoppiata fragorosamente. All’uscita dalle fabbriche, dalle scuole, nei bar, non si parla d’altro. “Circolavano tante voci, alcune sembravano esagerate, ma alla fine la notizia è peggiore delle ipotesi. Di solito accade il contrario”, è il commento di un operaio. Dal quartier generale nessun commento della famiglia. Non parla neppure il neo presidente Marco Milani, che il 7 maggio scorso ha sostituito Andrea Merloni al vertice del gruppo. Una nomina espressa dalla cassaforte di famiglia Fineldo (che possiede oltre il 43% delle quote Indesit), che sembrava aver messo la parola fine ai rumors sulle profonde divergenze dei figli di Vittorio sulle strategie future della società. E adesso? Cosa fare? Cosa ci aspetta? La crisi parallela della Tecnowind aggrava la recessione del modello fabrianese. Sono lontani i tempi del pioniere Aristide Merloni: si rischia di vivere di un passato scolorito e nell’illusione di un’improbabile resurrezione. Il dramma che attanaglia Fabriano non è solo dato dai licenziamenti, dalla cassa integrazione, dalla disoccupazione. E’ che non si è ancora scelto che strada prendere. Quale via per risollevarsi? Puntare su turismo e cultura? In questo senso non emergono dati significativi e il reimpiego nel settore sarebbe esiguo rispetto alla forza lavoro. Accogliere imprenditori pronti ad investire? In passato non sono stati voluti. Ora, forse, è troppo tardi. Indesit va verso la vendita, a quanto pare. Nel frattempo Fabriano rimarrà una città di anziani e di dipendenti pubblici. I giovani che studiano nelle varie sedi universitarie non rientreranno, i pensionati invecchieranno. E’ facile intuire che da qui a breve riscontreremo un calo sensibile di densità della popolazione. La crisi dell’elettrodomestico bianco produrrà conseguenze fisiologiche. Fabriano sarà simile ad un paese del sud poco progredito, che vivrà soprattutto di espedienti. Il riciclo storico, stavolta, ci penalizza enormemente.

Alessandro Moscè

Direttore Editoriale

 

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